Autori
Gilberto Bosco
Carte da musica
 
All'occhio inesperto di un musicista le Carte da musica di Dario Serra appaiono percorse da due costanti, 
da due diverse - ma non opposte - tentazioni: l'idea della misurabilità, l'idea della permutabilità. 
La prima è dichiarata fin dalla scelta del foglio pentagrammato: l'incolonnarsi dei righi, il gioco di 
linee e spazi, di pieni e vuoti sono una forma di misurazione, un metro ideale che con le sue scansioni 
organizza lo spazio. Tale organizzazione non è però esclusivamente grafica, è portatrice di storia e di 
riferimenti.
Questa struttura spaziale è insieme esaltata e rifiutata; sia che l'invenzione pittorica scorra accanto 
a pentagrammi intatti e accettati come una cosa data, sia che la tempera cancelli quasi la traccia di 
ciò che è sul foglio sottostante, sia che si tenti una interruzione - con segni o tagli o collages - della 
struttura iniziale: sempre assistiamo all'affermazione e alla negazione del materiale scelto, 
e per le caratteristiche stesse di quel materiale pare di cogliere l'eco di un confronto con la storia.
L'idea della permutabilità è un complemento necessario alla organizzazione preliminare dello spazio; 
stabilita una serie di vocaboli - dal grado zero del taglio al pieno orgiastico, passando come per una 
scala immaginaria: punto, curva, sinusoide, retta, angolo - questi sono accostati, isolati, accennati o 
fraintesi secondo principi combinatori.
Ogni segno può mescolarsi con altri, o trasformarsi in altri o sovrapporvisi: la carta cosí rigidamente 
squadrata dai pentagrammi è percorsa dalle combinazioni, testimonianza delle quasi infinite permutazioni 
possibili. L'opera - scherzo della memoria? - rimanda ad altri schemi combinatori: al castello sadiano 
in cui i personaggi si accoppiano e si eliminano pressoché totalmente, alla biblioteca borgesiana in cui 
le lettere dell'alfabeto si permutano realizzando ogni libro mai scritto o scrivibile.
Le due costanti delle Carte da musica risolvono - insieme - in un sistema di segni in formazione, 
sorta di " work in progress" aperto a esiti molteplici. Paiono però aspirare, tra tensioni e 
contraddizioni, non a puro gioco bensì, hegelianamente, a "un dispiegarsi della verità".