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Catalogo 2011 (PDF)

Autori

Antoine Vitez

SETTE POEMI IN PROSA PER DARIO SERRA

I
La sua figura occupa tutto lo spazio, padrone della stanza
(o dell’occhio), lui – ma attento che il riflesso
del palmo è il dorso della mano, la sua cattiva coscienza, e osserva
anche che è un fatto di muscoli e non, mai, di arterie
di cui si potrebbe vedere la morbidezza commovente -, in piedi, offrendo
allo sguardo, senza pudore, il centro inesistente del suo corpo,
calmo, pronto a piegare la sua schiena e la sua nuca tutte le volte che
l’artefice vorrà, lui, l’uomo, l’orgoglioso.

II
Questa è una donna da smontare, da colorare, per i bambini,
poi avremo bisogno di fili, ma dimmi se la coscia tiene bene
all’anca, e perché non ha il collo articolato;
è nostro esercizio abituale: perdere la testa, ne mettiamo un’altra
e quante altre si vuole.

III
Questo, che non aveva sesso, non aveva neppure
riflesso. Che cosa ho visto nello specchio? Orribile! Orribile! La mano
sull’anca laggiù distesa lungo il corpo; è l’arte
di chi mostra, senza dubbio: ci inganna; gratto il corpo e la sua
ombra, dal muro di destra al pavimento – con
l’unghia -, e non si stacca nulla.

IV
Nell’atelier, quella a sinistra nel fondo voleva uccidere la sua
compagna o gettarsi su di lei, prendere le sue natiche tonde,
ha estratto la sua mano come una pistola: tutto il corpo è esploso su
il muro; ma è lo scultore che sta preparando la sua opera che aveva
appeso là i frammenti del corpo femminile, più vivi
nell’immobilità, mammelle in rilievo e un'unica gamba calzata
piatta, pezzi ancora informi in alto attendono per avere
nome la bénédiction d’atelier.

V
Con quale trucco me lo fai vedere trasparente, gravido di un’altro
se stesso, e avrei detto dapprima un bambino; mi accorgo
che tu mostri all’altezza delle cosce; e su quale scena
stanno i suoi due riflessi guardie del corpo lontani, inspiegabilmente
staccati dal muro; la sfera di creta è rotolata sul proscenio,
a sinistra, con un falso gesto di pianto attendendo che l’artista
lavori; a chi appartiene questa testa multipla?

VI
L’artefice osceno ha fatto il diavolo più osceno ancora
di un doppio all’inverso,organi incompleti, testicoli, capezzoli, mano
atrofica, testa inclinata, piede forcuto, ma il più perverso
è questo riflesso dove la coda che pende verso l’alto sulla prospettiva
impeccabile delle quadrature.

VII
La sera il cane è passato nell’atelier vuoto, restava
un frammento dei nostri corpi infinitamente riproducibili attraverso la fusione
dei materiali plastici, all’angolo del nostro muro, la dove il nano
un tempo aveva lasciato indurire la sua testa di argilla; lo scultore ha conservato
il cane per il suo teatro e lo ha fissato nei quadrati di fondo, sarebbe
fuggito attraverso una linea senza spessore, all’angolo estremo – quasi
una cancellazione del teatro.